Cosa resta dell’Antifascismo?

Ieri si sono svolte le celebrazioni in occasione della ricorrenza della Festa della Liberazione e, come ogni anno, hanno divampato le solite tristi polemiche politiche.

Giustamente qualcuno ha detto: “Quando finiranno queste polemiche, ciò significherà che l’Italia è finalmente diventata un Paese normale”.

È quantomeno curioso che vi sia ancora chi auspica il raggiungimento di una non meglio precisata “unità” delle parti rifiutandosi, però, di riconoscersi nell’Antifascismo.

È quantomeno curioso che vi sia oggi chi, nel rappresentare le Istituzioni Repubblicane nate dalla Resistenza, pur avendo giurato sulla Costituzione Antifascista, si ostina a rivendicare un'”unità” che sottende, in realtà, l’intento di negare le innegabili differenze di valori tra chi, in quegli anni poi non così lontani, si schierò da una parte e chi dall’altra.

Il fatto che ancora oggi vi sia chi si autoproclama, nelle parole o nei fatti non importa, nostalgico del Ventennio fascista disvela, dietro un evidente problema di equilibrio psicologico, una radicata ed inquietante ignoranza su quel periodo storico.

Perché il punto non è essere di destra o di sinistra, liberali o socialisti, tradizionalisti o progressisti e via dicendo (ammesso che tali categorizzazioni abbiano ancora una possibile concretizzazione nella realtà di oggi, ma questo è un altro discorso), il punto non è dunque come la si pensi in punto di rapporti economico-sociali, di assetto istituzionale, di organizzazione amministrativa ….

Il punto è che nella Storia di quegli anni vi sono FATTI che non si prestano ad interpretazioni, a “modi di vedere le cose”, a “punti di vista”.

La Storia di quegli Anni Venti, Trenta e Quaranta del Novecento è la Storia di una grande tragedia politica, sociale e umana: la tragedia di un Paese trascinato in una guerra mondiale da parte di chi, dopo avere distrutto la società civile, dopo avere annientato le libertà fondamentali, dopo avere fatto scempio delle Istituzioni politiche, mosso unicamente dai propri deliri di onnipotenza, ha gettato il popolo italiano nel baratro.

E quell’uomo si chiama e si chiamerà sempre Benito Mussolini: colui che, insieme ad Adolf Hitler, perseguì l’obiettivo di distruggere l’intera Europa solo ed esclusivamente per affermare la propria volontà di potenza.

Il fascismo non ha mai avuto e mai avrà un volto buono.

Il volto del fascismo si disvela in ogni Casa del Popolo incendiata; in ogni oppositore politico incarcerato, torturato e ucciso; in ogni partigiano impiccato nelle strade; in ogni donna violentata; nelle vittime di Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema e di tutte quelle altre stragi nazifasciste che furono esecuzione di quel patto criminale che, ancora oggi, qualcuno tenta di negare in nome dell'”unità”.

Ma la vergogna non si ferma qui.

Perché, è bene ribadirlo, se da una parte vi è chi ancora oggi ha, nelle proprie case, il busto di Benito Mussolini e rifiuta di dichiararsi antifascista, dall’altra vi è chi dell’antifascismo ha fatto una bandiera di ipocrisia, predicando molto bene ma razzolando molto, molto male.

Parlo di tutti coloro che si autoproclamano antifascisti nelle piazze del 25 aprile ma, chiusi nelle loro buie e polverose stanze istituzionali, si sono, appena l’altro ieri, resi artefici e sostenitori di una delle più grandi vergogne dell’Italia Repubblicana: quella che è stata sdoganata come “lotta alla pandemia” ma che, in realtà, non è stata altro che il ricatto di Stato di chi, mosso unicamente dallo scopo di lucro, ha fatto della “tutela della salute” puro ed esclusivo strumento di sperimentazione su milioni di persone.

Parlo di tutti coloro che non hanno il busto di Benito Mussolini in casa, ma che delle proprie bandiere di libertà hanno fatto strumento di negazione delle libertà, di radicazione dello scontro civile, di annientamento, in via di fatto, della Costituzione Repubblicana.

Ecco che, allora, i bei discorsi di ieri nelle piazze del 25 aprile non sempre si prestano ad un giudizio positivo in punto di credibilità.

Ma, questo è fondamentale dirlo, l’Antifascismo non è di proprietà di nessuno: non di chi lo nega, non di chi lo usa.

L’Antifascismo è ciò che di puro ci rimane della tragica Storia di quegli anni: è speranza di riscatto, amore per l’Uomo, rifiuto di obbedienza al Potere laddove questo si esprima con logiche criminali.

L’Antifascismo non è residuo del passato.

L’Antifascismo è il futuro.

© Silvia Cignoli

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